11.10.09

RIFLESSIONI

Come in un celebre fumetto di Neil Gaiman, la tavola rotonda imperniata sulla restituzione, l’incontro/scontro, il punto della situazione in quel marasma di sensi e non-sensi che è l’arte, mi è sembrato un convegno occulto di serial killer estasiati dalle proprie imprese fra cui, ogni tanto, spicca il degenerato solitario che professa la propria solitudine in quella che dovrebbe essere la sua “cerchia”.
Degenerazione: come alla fine del 1800 Max Nordeau descrisse la condizione in cui vivevano gli artisti, certi intellettuali, i liberi pensatori. Il pensiero fin de siecle come stile di vita. Vedete, io sono felice di essere un degenerato, proprio nel senso inteso da quell’imbecille di Nordeau; ammetterlo mi fa sentire meno pazzo, perché il pazzo che dice di essere pazzo può affermare con certezza di non esserlo. Poi ci sono i pazzi giullari tutt’intorno che non lo dicono eppure, sono sincero, mi sembra di scorgere sulle loro teste il familiare copricapo di Napoleone. Lo stato dell’arte oggi richiede una riflessione seria, ponderata, anche un po’ fascista, e soprattutto molto ispirata, e spirituale – soprattutto spirituale. Meglio, un riflessione sciamanica. Gli artisti devono riflettere sul proprio ruolo, sulla scienza dell’arte, e inseguire meno prepotentemente il bisogno di una legittimazione che arriva solo per chi ha le tasche gonfie e l’oratoria nel sangue; chi si aprofitta di loro (o nei casi migliori, chi crede di aiutarli) deve invece stare attento a non scambiare l’opportunismo con la carità, le mere manovre politiche per formazione e cultura.
Passatemi la visione stucchevole da pubblicità di whisky: sono un cercatore d’oro nel Klondike, e nel fiume gelido della società degli uomini, immerso nella vallata aulica della vita, ho trovato nel setaccio un sacco di metallo nobile; mi tengo anche i sassi strani, le pietruzze nere deformi, perché c’è bisogno anche di quelle. Così è stato per Settenote a Mondomusica, dove fra le cose belle (e sono solo mie) ho pescato anche asimmetrici frammenti di basalto – l’ignoranza, la vacuità, l’umiliazione, l’arroganza – e mi tengo anche quelli (e li condivido volentieri, magari così qualcuno completa la collezione).
Tutto da rifare? Forse. Forse no. Forse è solo il momento prima del salto, alla fine del quale ci attende lo sfracellamento, o forse solo piedi più saldi.
Io intanto, dopo tutto questo, and with a little help of my friends, vado a rigenerarmi nelle paludi padane e – catarsi! – faccio il mostro selvaggio con la sua bella corona di carta in testa.
Almeno non ho il cappello di Napoleone.


DCF